Seduta n. 77 – mercoledì 24 luglio 2013
Assemblea (in discussione generale)
Le misure previste nel decreto-legge n.76, che il Governo sottopone alle Camere per la sua conversione in legge, vanno a toccare molte materie.
I provvedimenti che riguardano la promozione del lavoro giovanile, la riforma dei contratti precari, i tirocini e gli aiuti dati agli studenti, sia delle scuole superiori sia dell’università, pur andando nella buona direzione, hanno un difetto fondamentale: sono destinati a fallire perché non agiscono in profondità.
Rappresentano purtroppo solo dei palliativi alla grave crisi economica e sociale che attanaglia il nostro paese.
A proposito di giovani e occupazione, questi sono alcuni dati diffusi dall’OCSE nell’ultimo Rapporto annuale sul lavoro nei 34 paesi membri. Per quanto riguarda l’Italia il panorama è desolante:
– oltre la metà dei lavoratori italiani under 25, il 52,9% hanno un lavoro temporaneo; la percentuale di precari è quasi raddoppiata rispetto al 2000;
– la disoccupazione giovanile in Italia a fine 2012 è arrivata al 35,3%, essendo la percentuale di donne senza lavoro maggiore (37,5%) rispetto a quella degli uomini (33,7%);
– nel nostro paese è aumentata in modo preoccupante la quota di giovani under 25 che non lavorano e non vanno a scuola, la così detta generazione Neet, cresciuta di 5 punti percentuali arrivando fino al 21,4%. Tra i paesi OCSE, fanno peggio di noi solo la Grecia e la Turchia;
Cifre preoccupanti, che ci mettono di fronte alle nostre responsabilità. Qualcosa dunque va fatto per cercare di risolvere questo drammatico problema. Però mi chiedo: può un paese senza crescita dare lavoro ai giovani?
Nel nostro paese stanno aumentano vertiginosamente le ore di cassaintegrazione e sono numerose le aziende costrette a chiudere e licenziare i loro dipendenti, o a sottoimpiegarli in nero, come avviene sempre più spesso anche in quello che una volta era l’operoso Nord-est d’Italia.
Il recente giudizio negativo da parte dell’agenzia di rating Standard & Poor’s sui nostri titoli di Stato e il loro conseguente declassamento, preannunciano un futuro a tinte fosche per la nostra economia.
Se questo governo, appoggiato da una maggioranza mai vista nella storia della Repubblica, non interverrà in maniera più coraggiosa, c’è il rischio che queste misure di promozione dell’occupazione non servano a nulla. Infatti, aziende con fatturati in calo e con un’imposizione fiscale eccessiva, non possono permettersi di assumere giovani lavoratori, anche in presenza degli incentivi governativi.
Nessuna di queste misure ha infatti come obiettivo quello di rilanciare lo sviluppo. Voglio ricordare che l’occupazione, e non solo quella giovanile, si rilancia solo con la crescita.
Il rinvio dell’aumento dell’IVA ad ottobre e le indecisioni riguardo all’IMU, giustificano le critiche più feroci rivolte al Governo di procrastinare le sue decisioni a tempi futuri.
La mancata adozione di una necessaria e urgente riforma fiscale, che preveda una diminuzione della tassazione sulle attività produttive (IRAP) e sul lavoro (IRPEF), denota la totale assenza di coraggio dell’esecutivo presieduto da Enrico Letta. L’anomala maggioranza che sostiene questo pavido Governo è infatti costantemente tenuta sotto scacco dai miserabili ricatti che provengono ora dall’una, ora dall’altra parte politica.
Questo decreto non è pertanto all’altezza della grave emergenza che sta vivendo il nostro paese.
Invece di dare incentivi per l’assunzione di nuovi giovani lavoratori, lo Stato, come richiesto dalle imprese da molto tempo, dovrebbe diminuire il prelievo fiscale che pesa così tanto sulle retribuzioni.
Questa complessa crisi – che sta minando la credibilità delle stesse istituzioni nazionali ed europee – viene da lontano. E’ prima di tutto una crisi di domanda alla quale si sono date delle risposte sbagliate. Si è pensato infatti che i crediti bancari fossero sufficienti a sostenere l’acquisto di beni e servizi, drogando però in questo modo l’intero sistema. Ora che questi crediti non sono più disponibili, a causa della difficile situazione del settore bancario, dobbiamo inevitabilmente adottare misure più coraggiose per sostenere la domanda.
Senza reddito non c’è domanda e senza domanda non c’è produzione di beni e servizi. Dobbiamo invertire questo circolo vizioso garantendo ai lavoratori italiani una maggiore capacità di acquisto. Un reddito più elevato comporterà una maggiore domanda e pertanto un aumento della produzione delle aziende.
La crisi, prima finanziaria, poi economica ed infine sociale, iniziata nel 2008 non deve essere la giustificazione di tutti i nostri mali. Il declino dell’economia italiana viene da lontano ed è la conseguenza diretta di almeno un decennio di riforme fallite. La responsabilità della crisi che attraversa l’Italia ricade sulle miopi politiche messe in atto da una classe dirigente sempre più delegittimata.
Opporsi al declino produttivo e far ripartire l’economia italiana passa inevitabilmente attraverso la detassazione del lavoro. Ancora una volta i numeri parlano da soli. Il prelievo fiscale nel nostro paese è pari al 42,3% delle retribuzioni lorde, mentre la media dell’Unione Europea è del 35,8 per cento. Ridurre questo fardello per le aziende e i lavoratori è l’unica soluzione per liberare le risorse necessarie a rilanciare l’economia.
Se anche per la Banca d’Italia creare lavoro in Italia diventa sempre più difficile, dobbiamo inchinarci all’idea che non saranno semplicemente alcuni incentivi dati agli imprenditori in grado di migliorare, come per magia, l’occupazione.
Il peso eccessivo di imposte e contributi paralizza da ormai troppo tempo l’economia italiana. Dal 2007 al 2012 il gettito Irpef e delle addizionali pagati a Regioni e comuni dai lavoratori dipendenti e dai pensionati è aumentato di circa 18 miliardi, nonostante il crollo dei redditi legato alla crisi. Per rilanciare l’occupazione il governo dovrebbe quindi diminuire il costo del lavoro e non distribuire a pioggia un po’ di incentivi. Questo si aspettano dallo Stato gli imprenditori, e non di perdere il loro tempo tra i meandri della burocrazia italiana alla ricerca di poche centinaia di euro per ogni nuovo giovane assunto.
Se non c’è crescita, cosa peraltro confermata anche da tutti gli esperti e organismi internazionali, il PIL non cresce e il rapporto con il deficit può solo peggiorare. Dobbiamo deciderci ad essere più coraggiosi, a lasciare da parte tutte le riserve e diffidenze reciproche ed adottare delle misure di lungo periodo. Questo è un momento delicatissimo nella storia del nostro paese.
Ci sono molte cose che un Governo con questa maggioranza potrebbe realizzare. Potrebbe incoraggiare la ricerca affinché possano emergere tutte le idee originali che in questo momento, a causa della mancanza di credito, non possono vedere la luce. I progetti innovativi sono gli unici in grado di consentire alle aziende italiane di conquistare nuovi mercati.
Un’altra misura urgente dovrebbe essere quella di detassare gli utili rinvestiti nell’azienda.
Ancora, attrarre nuovi investitori stranieri attraverso una burocrazia più snella, salvaguardando allo stesso tempo i tradizionali marchi del Made in Italy.
Purtroppo in questo delicato momento sono numerose le aziende storiche dell’agroalimentare italiano che, a causa della crisi, finiscono per l’essere comprate da imprenditori stranieri. Solo per citare i passaggi di mano più noti e recenti: Orzo Bimbo, Gancia, Parmalat, Star, i salumi Fiorucci ed infine anche i cioccolatini Pernigotti, sono stati acquistati da gruppi stranieri i quali, conserveranno il marchio ma non manterranno altrettanto certamente i dipendenti di queste industrie.
Constatiamo invece che l’immobilismo dell’esecutivo è desolante. Doveva essere il governo del fare, mentre si sta convertendo nel governo del farò. Il Presidente del Consiglio Enrico Letta rappresenta, senza ombra di dubbio, il prudente gestore degli interessi di questa strana maggioranza.
Altrove, la Grosse Koalition ha permesso di compiere le necessarie, e a volte dolorose, riforme. In Italia invece ci si divide sulle dimissioni di un ministro o sui processi al leader politico del centro-destra. Alcune forze politiche hanno soprannominato questo esecutivo, il governo dell’inciucio. Io preferisco credere che questa strana maggioranza possa ancora lavorare per il bene del paese. Questo governo deve assumere decisioni forti, magari impopolari, però necessarie affinché in Italia ritorni la speranza di un futuro migliore.
.